Buonasera
PMC!
E così, nel mezzo (più o meno) del mio cammino universitario, mi ritrovai coinvolta in un blog: alla fine, mi sono detta, perché non provare a condividere con altri la mia passione per la musica? Così la posso incanalare nel blog e lasciare un po’ in pace la mia povera vicina di stanza e le mie co-blogger Georgie e Don(prego, ragazze, non c’è di che).
E così, nel mezzo (più o meno) del mio cammino universitario, mi ritrovai coinvolta in un blog: alla fine, mi sono detta, perché non provare a condividere con altri la mia passione per la musica? Così la posso incanalare nel blog e lasciare un po’ in pace la mia povera vicina di stanza e le mie co-blogger Georgie e Don(prego, ragazze, non c’è di che).
Ho
rimuginato a lungo su cosa trattare come primo argomento: qualcosa di classico,
qualcosa di rock o di pop, magari una ke$hata per rompere il ghiaccio o, forse,
sarebbe stato meglio iniziare da qualche colonna sonora famosa?
Alla
fine il mio gusto personale ha avuto il sopravvento e, vista anche la data
odierna, ho deciso che per rompere il ghiaccio niente sarebbe stato meglio di
una delle mie opere preferite: “Turandot”.
Quindi
nessun dorma, signori e signore, e lasciatevi trasportare nell’esotico oriente
da questa meravigliosa storia d’amore.
Breve storia di
un’opera incompiuta
“Turandot”
non è nata come opera in tre atti, bensì come fiaba teatrale in cinque atti: fu
suo creatore Carlo Gozzi, drammaturgo e scrittore veneziano, vissuto nel
diciottesimo secolo e morto agli inizi del diciannovesimo secolo. Gozzi la scrisse in versi nel 1762, Friedrich Schiller ne fece un adattamento,
Andrea Maffei lo tradusse, e questa traduzione ebbe la funzione di base per la
stesura del libretto dell’opera, per mano di Giuseppe Adami e Renato Simoni.
È noto che il suo autore fu Giacomo Puccini.
È noto che il suo autore fu Giacomo Puccini.
Accadde però, purtroppo, che proprio Puccini fosse colto da un infarto prima di
poter portare a compimento l’opera: riuscì a lasciare solamente trentasei
pagine di musica prima di morire.
Il finale fu così affidato al compositore napoletano Franco Alfano: tale finale
doveva comprendere il duetto tra Turandot e Calaf, il protagonista maschile, il
loro bacio e il conseguente lieto fine. Per concludere l’opera, Alfano cercò il
più possibile di attenersi a ciò che Puccini aveva lasciato e alle sue volontà.
Andò
in scena postuma e la prima rappresentazione si tenne a Milano, presso il
Teatro alla Scala, nel 1926, proprio in data 25 aprile, e fu diretta dal
maestro Arturo Toscanini.
Curiosità
- Durante la prima il maestro Toscanini interruppe l’esecuzione dell’opera nel punto in cui l’aveva lasciata Puccini, sostenendo che, per lui, “l’opera finisce qui”.
- Per la messa in scena della prima fu realizzata una collezione di ben settanta costumi.
Trama
C’era
una volta, a Pechino, una principessa tanto crudele e sanguinaria quanto bella,
figlia dell’imperatore: il suo nome era Turandot.
Un giorno la principessa si servì di un editto per rendere nota a tutti la propria volontà: colui il quale fosse riuscito a risolvere tre indovinelli da lei posti l’avrebbe avuta in sposa, ma, in caso di fallimento, gli sarebbe stata recisa la testa.
Un giorno questo infausto destino toccò al principe di Persia. In molti si trovarono ad assistere all’esecuzione del giovane, invocandone la grazia, ma la gelida Turandot fu irremovibile.
Tra gli spettatori di quel triste spettacolo si trovava un giovane, che, casualmente, ritrovò il vecchio padre, re tartaro decaduto, e la fedele schiava Liù; questo giovane, dapprima ostile a Turandot a causa della sua crudeltà, rimase così colpito dalla bellezza della principessa da raccogliere la sfida dei tre indovinelli, nonostante i tentativi di dissuaderlo del padre, di Liù, dei ministri del regno Ping, Pong e Pang e dello stesso imperatore Altoum.
Un giorno la principessa si servì di un editto per rendere nota a tutti la propria volontà: colui il quale fosse riuscito a risolvere tre indovinelli da lei posti l’avrebbe avuta in sposa, ma, in caso di fallimento, gli sarebbe stata recisa la testa.
Un giorno questo infausto destino toccò al principe di Persia. In molti si trovarono ad assistere all’esecuzione del giovane, invocandone la grazia, ma la gelida Turandot fu irremovibile.
Tra gli spettatori di quel triste spettacolo si trovava un giovane, che, casualmente, ritrovò il vecchio padre, re tartaro decaduto, e la fedele schiava Liù; questo giovane, dapprima ostile a Turandot a causa della sua crudeltà, rimase così colpito dalla bellezza della principessa da raccogliere la sfida dei tre indovinelli, nonostante i tentativi di dissuaderlo del padre, di Liù, dei ministri del regno Ping, Pong e Pang e dello stesso imperatore Altoum.
Turandot,
così, gli si presentò spiegando le ragioni che la spingevano ad adottare un
tale comportamento: quando, molti anni addietro, il suo regno si trovava nelle
mani dei tartari, una sua antenata cadde nelle mani di uno straniero e dunque,
per vendicarne la morte, Turandot aveva giurato che mai si sarebbe lasciata
possedere da un uomo.
La
bella principessa pose al giovane i tre enigmi nella celebre aria “Straniero,
ascolta!”, che qui vi propongo in un video di Camilla Simoncini , con interpreti Maria Callas (Turandot) e Eugenio Fernandi (Calaf) e direttore il maestro Hubert Soudant: (Link al Video su Youtube)
Il
giovane riuscì a dare la giusta risposta a tutti gli indovinelli, davanti ad
una Turandot sorpresa, attonita e, infine, disperata.
A nulla valsero le sue suppliche al padre di non lasciarla a quello straniero sconosciuto, poiché, per l’uomo, la parola data era sacra.
La principessa, allora, si rivolse direttamente al giovane vincitore, obiettando che avrebbe sempre e solo avuto una moglie e una donna piena di odio.
A nulla valsero le sue suppliche al padre di non lasciarla a quello straniero sconosciuto, poiché, per l’uomo, la parola data era sacra.
La principessa, allora, si rivolse direttamente al giovane vincitore, obiettando che avrebbe sempre e solo avuto una moglie e una donna piena di odio.
A
quelle dure parole il giovane decise di liberarla dal giuramento, proponendone,
però, uno nuovo: la principessa avrebbe dovuto indovinare il suo nome entro
l’alba. Se avesse fallito, lei sarebbe stata costretta a sposarlo; se avesse
indovinato, lui le avrebbe dato in dono la propria vita.
Rincuorata
dal fatto di avere ancora una via di uscita, Turandot ordinò che nessuno
dormisse quella notte, ma che tutti si dessero da fare per scoprire il nome del
giovane.
E,
con l’aria “Nessun dorma” (che, ci tengo a precisare, non si chiama “Vincerò!”),
si apre il terzo atto: la riporto qui cantata da Luciano Pavarotti in un video
di noé èon: (Link al Video su Youtube)
Liù e Timur furono portati al cospetto dei tre ministri e, sopraggiunta
Turandot, la schiava innamorata affermò, per proteggere il vecchio, di essere
l’unica a conoscenza del nome del giovane, aggiungendo che mai l’avrebbe
rivelato.
Fu sottoposta a diverse torture, e tuttavia non parlò.
Ammirata, Turandot le domandò che cosa la spingesse a mantenersi così tenace nel suo silenzio e la riposta la lasciò turbata: Liù le aveva confessato che era l’amore a conferirle una tale forza:
“tanto amore, segreto, inconfessato, grande così che questi strazi son dolcezze per me”.
Tuttavia, sapendo di non poter resistere ancora a lungo, la coraggiosa Liù si uccise, non prima di aver detto a Turandot che, prima o poi, lo avrebbe amato anche lei:
tu che di gel sei cinta, da tanta fiamma vinta, l’amerai anche tu! L’amerai anche tu! Prima di questa aurora io chiudo stanca gli occhi, perché egli vinca ancora. Perché egli vinca ancora!
Fu sottoposta a diverse torture, e tuttavia non parlò.
Ammirata, Turandot le domandò che cosa la spingesse a mantenersi così tenace nel suo silenzio e la riposta la lasciò turbata: Liù le aveva confessato che era l’amore a conferirle una tale forza:
“tanto amore, segreto, inconfessato, grande così che questi strazi son dolcezze per me”.
Tuttavia, sapendo di non poter resistere ancora a lungo, la coraggiosa Liù si uccise, non prima di aver detto a Turandot che, prima o poi, lo avrebbe amato anche lei:
tu che di gel sei cinta, da tanta fiamma vinta, l’amerai anche tu! L’amerai anche tu! Prima di questa aurora io chiudo stanca gli occhi, perché egli vinca ancora. Perché egli vinca ancora!
Vi
propongo una versione di “Tu che di gel sei cinta” del 1954, cantata da Maria
Callas: il video è di Onegin65. (Link al Video su Youtube)
Dopo
che il corpo della povera Liù fu portato via, Turandot e il giovane rimasero
soli e, in quel momento, lui la baciò.
La principessa lo respinse, all’inizio, ma dopo fu costretta a riconoscere che il giovane non le era del tutto indifferente: quando lo aveva visto la prima volta aveva avuto paura di lui, ma a quel punto anche lei si rendeva conto che le sue difese erano miseramente crollate davanti a lui.
Tuttavia l’orgoglio, così radicato nel cuore di Turandot, la spinse a chiedergli di non volerla umiliare.
Il giovane, ormai deciso ad andare fino in fondo, a quel punto prende una difficile decisione e, senza timore, le rivela il proprio nome, rimettendo la propria vita alla volontà della principessa: Calaf.
La principessa lo respinse, all’inizio, ma dopo fu costretta a riconoscere che il giovane non le era del tutto indifferente: quando lo aveva visto la prima volta aveva avuto paura di lui, ma a quel punto anche lei si rendeva conto che le sue difese erano miseramente crollate davanti a lui.
Tuttavia l’orgoglio, così radicato nel cuore di Turandot, la spinse a chiedergli di non volerla umiliare.
Il giovane, ormai deciso ad andare fino in fondo, a quel punto prende una difficile decisione e, senza timore, le rivela il proprio nome, rimettendo la propria vita alla volontà della principessa: Calaf.
T:
Del primo pianto, sì, straniero, quando sei giunto, con angoscia ho sentito il
brivido fatale di questo mal supremo. Quanti ho visto morire per me! E li ho
spregiati; ma ho temuto te! C’era negli occhi tuoi la luce degli eroi. C’era negli
occhi tuoi la superba certezza. E t’ho odiato per quella. E per quella t’ho
amato, tormentata e divisa, fra due terrori uguali: vincerti o esser vinta. E vinta
son! Ah! Vinta, più che dall’alta prova da questa febbre che mi vien da te!
C: Sei mia! Mia!
T: Questo, questo chiedevi. Ora lo sai. Più grande vittoria non voler! Parti, straniero, col tuo mister!
C: Il mio mistero? Non ne ho più! Sei mia! Tu che tremi se ti sfioro! Tu che sbianchi se ti bacio, puoi perdermi se vuoi. Il mio nome e la vita, insiem ti dono. Io sono Calaf, figlio di Timur!
C: Sei mia! Mia!
T: Questo, questo chiedevi. Ora lo sai. Più grande vittoria non voler! Parti, straniero, col tuo mister!
C: Il mio mistero? Non ne ho più! Sei mia! Tu che tremi se ti sfioro! Tu che sbianchi se ti bacio, puoi perdermi se vuoi. Il mio nome e la vita, insiem ti dono. Io sono Calaf, figlio di Timur!
[tratto dal libretto
di “Turandot”]
E
giunse l’alba. E Turandot e Calaf si recarono davanti alla folla trepidante per
l’esito della sfida e la principessa, ormai conscia dei propri sentimenti
rivela a tutti il nome dello straniero: “il
suo nome è… Amor!”
E
questa è la trama di quest’opera meravigliosa.
Spero
di aver incuriosito e interessato coloro che non ne avevano mai sentito parlare
e spero di aver soddisfatto quelli che invece la conoscevano già, e magari di
averli invogliati ad ascoltarla nuovamente.
Spero,
inoltre, che abbiate passato un buon 25 aprile e non mi resta che augurarvi un
buon sabato.
A
presto!!
Mel
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